Bollettino della Vittoria

Il Bollettino di guerra n. 1268 del 4 novembre 1918, conosciuto come il Bollettino della Vittoria, fu scritto dal generale Armando Diaz, comandante supremo del Regio Esercito, e dai suoi collaboratori (in particolare il generale Domenico Siciliani). Essi, consapevoli che il comunicato sarebbe passato alla storia, impiegarono diversi giorni per trovare le giuste parole. In particolare, per la loro forza evocativa, colpiranno fortemente le ultime righe: I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli, che avevano disceso con orgogliosa sicurezza. Non da meno si pose l’accento su quello che già si intuiva sarebbe successo in seguito, ossia sminuire da parte delle potenze alleate il ruolo dell’esercito italiano presentando invece come decisivo l’apporto delle forze francesi e inglesi. Il Bollettino metteva perciò in chiaro chi avesse realmente sconfitto l’esercito austro-ungarico sul fronte italiano : … la gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso ottobre ed alla quale prendevano parte 51 divisioni italiane, 3 britanniche, 2 francesi, 1 cecoslovacca ed un reggimento americano

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Curiosità

  • Tra i collaboratori di Diaz figuravano tra gli altri Ferruccio Parri (futuro presidente del consiglio nel 1945), e Giovanni Gronchi (presidente della repubblica dal 1955 al 1962).

  • Il Bollettino della Vittoria non terminava col nome e cognome del generale, bensì con Firmato Diaz, cosicché in quegli anni, complice il diffuso semi-analfabetismo e l’ingenuità di parte della popolazione, nacquero bambini a cui venne messo il nome Firmato credendolo quello del generale.

  • Sembra che Diaz cercasse sulla mappa la cittadina di Vittorio Veneto, la quale diede il nome alla grande battaglia che decretò la sconfitta dell’Austria-Ungheria, ma che nonostante l’aiuto di una grossa lente non riuscisse a trovarla. Si rivolse così, in modo poco diplomatico, a Ferruccio Parri: “Ma ‘sto Vittorio Veneto addò cazzo sta?”.

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