– Monte Paterno – Paternkofel

Monte-Paterno-visuale-dal-Sasso-di-Sesto
A sinistra: monte Paterno (sinistra), forcella Lavaredfo (al centro) e Tre Cime viste dal Sasso di Sesto. A destra: il versante nord del Monte Paterno dal camminamento di guerra italiano.

Il Paterno deve essere nostro e perciò, contro le leggi della natura, viene colonizzato. Le baracche in legno spuntano fin sotto la cima del monte. Squadre di alpini, sospese nel vuoto, lavorano instancabilmente e laddove non è possibile costruire baracche si tenta di spianare col piccone una piccola porzione di roccia per impiantarvi una tenda. Il monte Paterno ora è abitato …” (dal libro Il soldato che correva, capitolo La roccia, paragrafo 6).

Il monte Paterno

Il monte Paterno (mt. 2744), linea di confine fino al 1915 tra Italia e impero austro-ungarico fu aspramente conteso fin dal primo giorno di guerra. La cima fu scalata per la prima volta Franz Innerkofler e da Erich Künigl nel 1882 divenendo una delle mete classiche agli albori dell’alpinismo sulle Dolomiti, grazie anche alla costruzione (1882) del vicino Dreizinnen Hütte (oggi rifugio Locatelli).La cima fu più volte conquistata dalla guida Sepp Innerkofler che, grazie all’eccezionale visuale, dirigeva al meglio il tiro degli austriaci contro gli italiani. Innerkofler troverà la morte proprio sul Paterno il 4 luglio 1915, come descritto nel libro Il soldato che correva (paragrafo La roccia). Il monte fu quindi stabilmente conquistato dagli italiani, i quali, aiutati dalle numerose cenge che lo attraversavano, riuscirono a completare un efficiente rete di sentieri e gallerie verso le linee più avanzate nella zona del Sasso di Sesto.

Resti di guerra

Numerose sono ancora oggi le opere militari superstiti realizzate tra il 1915 e il 1917, spesso semplici segni sul terreno oppure ardite gallerie nel cuore della montagna o postazioni sospese nel vuoto.

Galleria italiana del Monte Paterno

Quel che più colpisce oggi il visitatore è la ciclopica galleria ideata dal generale Segato e costruita dagli alpini a partire dal settembre 1916 e terminata il 7 ottobre 1917. La galleria offriva numerosi vantaggi agli italiani, ossia un comodo collegamento tra la zona delle Tre Cime e l’avamposto del Sasso di Sesto senza il pericolo di venire colpiti dal nemico o travolti dalle valanghe e la possibilità offerta dalle numerose feritoie e finestre verso l’esterno di colpire le truppe avversarie. La galleria, in rapporto agli sforzi fatti per realizzarla, fu pochissimo utilizzata, in quanto l’esercito italiano abbandonò nei primi giorni di novembre del 1917 la zona faticosamente conquistata e l’intera regione a seguito della disfatta di Caporetto.

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